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tutto il resto
Zona Cesarini
Dossier preliminare
(Romanzo)
Traduzione di
Stefano Zangrando
Edizioni Alphabeta Verlag
335 Pagine, settembre 2025
È passato alla legenda
come talentuoso calciatore
italo-argentino che ha dato il
nome, suo malgrado, alla celebre »zona«.
Ma chi è stato veramente Renato
Cesarini (1906-1969)? È la sua
stessa voce registrata in tarda
età su alcune misteriose bobine –
quasi il susurro di un fantasma
sonoro in un gustoso miscuglio di
idiomi e dialetti – a offrirci
l'incredibile racconto della sua
vita, trascritto e confezionato in
»dossier
preliminare«
da un altrettanto misterioso »curatore«.
Giovanissimo borsaiolo e
giocoliere di strada per i barrios
di Buenos Aires, diventerà la
stella della Juventus e della
Nazionale italiana, ma soprattutto
un viveur, gran bevitore,
nottambulo e fumatore impenitente,
autore di versi e canzoni – e
molto altro.
Circondato da personaggi
ambigui e memorabili, famosi o
reietti, e accompagnato da
un'affezionata scimmia,
nell'andirivieni tra un continente
e l'altro la sua vicenda racchiude
un'epopea silenziosa di migranti e
sognatori.
Ne scaturisce un
susseguirsi di aventure affrontate
con la stessa suadente leggerezza
e spavalda improvvisazione di un
tango argentino, e spesso risolte
in »zona
Cesarini«,
quel margine estremo in cui tutto
può ancora capovolgersi e dove si
gioca il senso dell'identità,
della testimonianza, della
finzione.
Tra biografia e invenzione
postmoderna, Kurt Lanthaler ci
regala un irresistibile romanzo
picaresco, una narrazione
polifonica disseminata di
documenti reali e apocrifi,
lettere e soliloqui, indizi e
frammenti di memoria. Un labirinto
di storie in cui piacevolmente
perdersi.
(Alphabeta)
Sempre nella traduzione di Stefano
Zangrando
presso la Casa editrice Alphabeta sono stati pubblicati i
romanzi
Il morto nella roccia
Il delta
Il delta

Traduzione dal tedesco di Stefano Zangrando
Edizioni Alphabeta
160 pp, 2016
Kurt Lanthaler racconta la storia e le storie di una vita
itinerante che nasce nel delta del Po e attraversa il paese e
i decenni, passando per pianure e per monti per poi tornare al
fiume. E racconta cinquant’anni di lotta tra uomo e natura, di
inutile sviluppo, personale e civile, ma anche cinquant’anni
di vita, di passioni, dolori, malinconie. (ab)
(…) Vedete, Fedele Conte Mamai è di nuovo
qui, dico. Ci è voluto un bel po’ di tempo, era sempre in
giro. È quasi irriconoscibile. E tutto è rimasto come una
volta, vedo. La piazza, l’edicola, la nebbia e il vento.
L’argine, i canali. E di buoi non ce ne sono più già da un
pezzo, da nessuna parte. L’ultimo lo vidi non meno di quindici
anni fa. Attraversava la strada davanti a uno zoo. Non si
capiva se andava o veniva. E da allora mi chiedo da dove
arrivino mai tutti i guanciali brasati. Per l’appunto.
L’osteria è ancora quella vecchia. Buia, come in passato. E un
po’ umida, come allora. Non così inospitale. (…)
Le
storie della vita di un certo Fedele Conte Mamai, trovatello
del delta del Po, cresciuto su un chiatta in mezzo al grande
fiume. Storie di anguille e di acque alte, di una vecchia
valigia di cartone, di baccalà e babà, bresaola e bottarga e
del piano e degli ingredienti della vecia col pist. Storie di
Maierlengo, del paese dietro l’argine, e del paese senza nome
oltre la diga di montagna, delle grandi imprese degli
ingegneri e delle imprese ancora più grandi della natura.
Storie di vite e di migrazioni, di lingue e di proverbi.
***
Picaro qua, picaro là
Questa volta valico i confini della valle
in cui mi trovo a vivere, ma invece di prendere l’auto e
scivolare lungo la tratta autostradale più cara d’Italia, o
prendere il treno e perdermi nella tratta ferroviaria più
lenta d'Europa, mi lascerò trasportare dai libri.
Ecco, Il delta di
Kurt Lanthaler è il libro che vorrei sempre leggere. I motivi
sono tanti, a partire dalla bella (lo si sente, che è bella,
inventiva, amica) traduzione di Stefano Zangrando. E poi ci
sono le svolte impreviste della storia: perché è vero che
tutto parte nel delta del Po, nell’immane pantano piatto in
cui si aggirano i cacciatori di frodo di anguille, e qui
vediamo agitarsi l’io protagonista dal nome immaginoso di
Fedele Conte Mamai e i suoi amici o rivali, in un pantano
salmastro che rende lutulento anche il tempo, e tutto si
ripete, rallenta, sprofonda; ma a un certo punto tutto
d'improvviso si muove, l’io diventa molte altre cose,
operaio e lavoratore di mille lavori in giro per l’Italia e
anche oltre, fino a tornare al delta da laureato, ad annusare
quell'aria nebbiosa e a inseguire i cascami di quello che è
rimasto. Un personaggio così, picaro di natura, multifaccia
come Ulisse ma senza senso del dramma e del melodramma,
ribelle ma di un ribellismo improntato a una sorta di
understatement, mai protagonista, sempre un po’ defilato, è un
piacere seguirlo dove capita, ai baracconi, in Sardegna o tra
le montagne svizzere (ma come, fin qui è arrivato, da queste
parti? mi dico guardando fuori dalla finestra, come se potessi
vederlo) o a Cinecittà, dove compare anche, in un cameo di
straniante comicità, il Bombolo di tante commediole tirate
via. Ed è anche un piacere vederlo interrogato dalle polizie,
perché sai che sa difendersi, non correrà rischi seri, e dal
non detto verranno fuori altre cose, e a Fedele Conte Mamai
piace ragionare, anche con un po’ di puntiglio.
Che
bellezza queste storie in cui si vivono avventure umane per
interposta persona. Gli vorresti chiedere, da lettore, a
Fedele Conte Mamai e agli altri come lui: ma dove stai
andando, dove mi stai portando? In realtà non lo vuoi sapere,
e ti lasci trascinare dove non andresti mai di tuo, ma loro –
i personaggi inquieti che si muovono tra terra e mare come
animali migratori – ti ci portano, e vivono svolte incidenti
inconvenienti fratture come passaggi naturali, magari
brontolano un po’, ma mai quanto faresti tu, perché sanno che
quel momento sarà presto superato, quell’accidente
dimenticato.
Claudio
Morandini, zibaldoni, 2016
«Si accosta
alla porta, la nebbia, ed entra»: pare di
galleggiare in un’atmosfera d’acque e
fango del fiume Po – e poi di osterie e villaggi – nel romanzo
Il delta, che narra
il ritorno di Fedele, un orfano «spuntato» dalla
sabbia del delta e ora allampanato cacciatore d’anguilla,
che cattura «quando il Po è grigio».
Ida Bozzi,
Corriere della Sera, La lettura, 2016
Chi è Fedele Conte Mamai? Perché è ritornato a Maierlengo,
immaginario paese nel delta del Po, dopo quarant’anni di
assenza? Cosa ci fa con una valigia contenente baccalà e babà,
bresaola e bottarga, insieme a pochissima biancheria? In un
paesaggio felliniano, onirico e vagamente mostruoso, popolato
da personaggi che potrebbero sembrare lontani parenti dei «lunatici» raccontati
da Ermanno Cavazzoni (come il Vaccarin, che di mestiere fa il
bosgato, cioè il macellatore di maiali, in cambio del loro
sangue; o Bombolo, «un barcaiolo piccolo e grasso al quale
il Po dà regolarmente tempo e occasione di ubriacarsi»), scritto
con un impasto di registri linguistici (linguaggi tecnici,
dialetti, lingue gergali e persino qualche frase in cinese) Il delta si caratterizza
per il continuo alternarsi della voce narrante che passa dalla
terza alla prima persona anche all’interno della stessa frase
e per l’avvicendarsi di passato e presente.
Non un romanzo ad intreccio con uno scioglimento finale, ma il
succedersi di avvenimenti che sono anche eventi linguistici e
che imparenta il romanzo di Kurt Lanthaler (altoatesino che
vive a Berlino, per la prima volta tradotto in italiano da un
bravissimo Stefano Zangrando) alla tradizione degli
sperimentatori e sovvertitori linguistici che hanno in Céline
un punto di partenza: come un novello Bardamu anche Fedele è
alle prese col suo viaggio notturno e visionario.
Al lettore non resta che seguirlo senza chiedersi dove lo
porterà, lasciandosi trascinare dalle parole e dal ritmo delle
frasi, andando avanti e indietro nel tempo, avventura dopo
avventura, ricordo dopo ricordo.
Giovanni
Accardo, Indice, 2016
Viaggio
nel paese e nelle sue mille lingue
(…) Mi piace usare il termine «cura la
traduzione» piuttosto che «traduce» perché il
lavoro di Zangrando è qui, più che mai, un prendersi cura di
un testo particolare, una «navigazione» che ha per
punto di riferimento geografico un posto: il delta del Po, ma
si estende, si dilata e si restringe, come fa il fiume nelle
sue secche e nelle sue piene, in un territorio molto più
grande, un territorio geografico e un territorio linguistico.
Al traduttore è dato trovare una lingua ricca di giochi di
parole, allusioni, assonanze, cercando di riprodurre una
ricerca puntuale di etimologie, cercando di non «tradire» i
passaggi indovinatissimi nell’originale, nei dialetti
locali, i dialoghi in italiano, le canzoni e riferimenti
letterari (Torquato Tasso).
(…)
Un bell’impegno questo di Zangrando, egregiamente
riuscito. Il romanzo qui presentato in traduzione, ha come
titolo originale Das Delta;
A definizione dell’autore è «un romanzo
italiano scritto in tedesco».
A questo punto si impongono due righe sull’autore.
Nato a Bolzano nel 1960, vive a Berlino (…). È uno degli
scrittori sudtirolesi in lingua tedesca che preferisco. La
lingua, negli scritti di Lanthaler, muta e si matura e si
muove dai suoi primi romanzi «gialli» fino alla
intensità, sempre gialla, di Azzurro e Napule,
alla poesia, al romanzo Das
Delta, di cui parliamo. Quello che me lo avvicina poi
è il fatto che Kurt Lanthaler sia un uomo di frontiera, uno
scrittore che usa le lingue e i dialetti piegandoli e
concentrandoli in sequenze di suoni significanti un mondo,
oltre che un modo di essere e di pensare. Uno scrittore che
non si lascia ingabbiare da frontiere nè di spazio nè di
lingue.
Ma torniamo al romanzo, alla forma della scrittura. Questo
romanzo è una mappa di vite, prima di tutte quella del
protagonista Fedele Conte Mamai, Bombolotto, Maierlongo, che
nasce in un territorio che è «terra ed acqua» come nelle
canzoni, attraversa il paese e il tempo, passando per pianure
e monti, per luoghi e stagioni, per mestieri e professioni,
per tornare alle origini, al Delta del Po, come l’anguilla,
uno dei simboli del racconto. Il romanzo usa una lingua che è
un gioco, il ritmico alternarsi di lingue appunto o di
dialetti: tutti i quarantotto capitoli del racconto hanno,
anche nella versione tedesca, i titoli, prima in italiano,
seguiti da una specie di spiegazione del contenuto del
capitolo, in lingua tedesca. Non dimentico i dialetti, i vari
dialetti espressi, quasi sempre sotto forma di proverbi, la
vera saggezza dei popoli.
Il protagonista principale, Fedele il trovatello, trovato
appunto e cresciuto dal tacitumo pescatore Bombolo (dal quale
il nome di Bombolino) che vive sul - nel - dentro - sopra, il
grande fiume, il Po, raccoglie le parole come funghi.
Bellissima metafora di chi vive almeno due lingue e due realtà
e si deve fare, da solo, un vocabolario, un modo di
sopravvivere e crescere, per, quasi sempre, fuggire per poi
tornare con una valigia di cartone piena di sogni di luoghi
trascorsi riprodotti in suoni di cibi: bottarga per la
Sardegna, baccalà per le sue terre, bresaola per il Piemonte e
babà per la Sicilia. E Genova e la ricetta della vecia col
pist e Chiavenna e i contrabandieri, e la grande diga e le
molte opera di ingegneria e le storie degli altri, quelli che
sono vissuti e poi scomparsi dal Delta?
Segni, piccole stazioni di pensiero, pause, memorie. Una vita,
tante vite.
Certo emerge lui, un trovatello al quale il suo «padrino
inciampato», perché inciampando lo ha trovato, ha dato il nome
di Felice, i carabinieri che lo prendono, come e per causa
delle anguille, lo chiamano col nome del luogo Maierlongo, e
il Mangiafuoco, con il quale si imbatte in una breve
esperienza circense, lo ribatrezza Conte Mamai, dalla
affermazione del ragazzo che dice «Con-te-ma-mai».
E anche questo nome e questa descrizione, è nel testo
originale, in lingua italiana. Il romanzo non si basa su una
sola storia. Un’atmosfera come quella del delta del Po
si può solo narrare con mille rivoli e mille situazioni,
piccoli e veloci schizzi, giochi appunto di pensieri e lingue,
sciolti nella nebbia che tutto fagocita, condizionati da un
evento, che sempre si riproduce, la piena, la rotta degli
argini, le alluvioni, la tragedia.
Un quadro di un paese, l'Italia, vista da fuori-dentro? Un
Paese dove la nebbia appunto – e non solo questo fenomeno
fisico atmosferico – si presenta alle porte dell’Osteria del
paese Il Cristo dimezzato «come se avesse sete, la
maledetta nebbia. Come se lì dentro non fossero già abbastanza
annebbiati dal vino e dall’acquavite e
dalle storie. Sì, quelli là fuori e le loro chiacchiere sulle
storie, ancora. Tagliano i panni addosso al mondo e cosa
resta? Niente. Solo chiacchiere appunto. Le storie invece:
come se il mondo là fuori potesse comprendersi in un altro
mondo con annessi e connessi, e babá e bresaola, baccalà e
bottarga».
E per finire un pasto con il titolo In cucina / Mise en place, uguale
nell'originale e nella traduzione. Siamo alla fine del romanzo
e il luogo dove Felice ritorna è un luogo dove pare non ci sia
più nessuno.
Così nella traduzione di Stefano Zangrando: «Ecco che senti
trafficare in cucina. Ovviamente no, dici, non può essere.
Senti rumori, colpi di lama. Passi, erbe tritate. Acqua che
scorre... Caro Fedele Conte Mamai, dici mai mai. Mai nella
vita. Te lo stai immaginando.... Ai fornelli c’è un
cinese... A dire il vero, pensavo fosse un paese fantasma.
Hai, dice il cinese, noi siamo gli spiriti: Siamo nelle
cantine a cucire... Qui viviamo nel nostro Grande Fiume. Come
se il mondo fosse tutto qui. Come spiriti in un paese di
fantasmi. E appaiono in cucina i primi mangiatori. Vedi? Dice
il cinese. L’acqua cala, emergono le pietre.
Shuiluo-shichu».
Parole come pietre a segnare gli avvenimenti e il tempo.
Brunamaria
Dal Lago Veneri, Corriere dell’Alto
Adige, 2016
Per Lanthaler scrivere sapendo di essere in futuro tradotto in
un’altra lingua, «è una
possibilità, una vita, una voce in più». E questo
si applica ancora più decisamente se la traduzione di un testo
sarà in italiano, lingua che lo scrittore parla e conosce. E
dove si colloca l’autore di Das Delta nell’annoso
dibattito sulla traduzione che è tradire, cambiare, giocare
con lingue diverse? Risposta secca: «Tutto
questo, inanzitutto, e in più la prova del Nove».
E a proposito di Das Delta,
a che punto è la stesura della seconda parte del lungo
racconto ambientato lungo il Po?
«Ci vorrà
ancora un po di tempo per poter dire: Col Delta del Delta ci
avviciniamo alla Zona
Cesarini. (Causa anche un testo mediolungo su Renato
Cesarini, in fase di compimento)».
Giancarlo Ricci,
Corriere dell Alto Adige, 2017
Il delta di Lanthaler
è un libro che stupisce per un legame profondo e divertito con
la cultura italiana: per la sua estetica, ricca di suggestioni
felliniane e nazional-popolari, e per la storia vera e
propria, giacché la vicenda biografica del trovatello fedele
Conte Mamai attraversa il paese nell’arco di vari
decenni, partendo dal delta del Po e qui ritornandoci, e
accogliendo a ogni occassione apporti idiomatici locali,
dialettali, proverbi. Ne risulta un romanzo vivace e
spiazzante, che poco concede alle facili evasioni di una trama
convenzionale, ma cattura con la poesia delle piccole storie e
degli ambienti.
Stefano
Zangrando, pagina 99, 2016
Il
morto nella roccia
Traduzione dal tedesco di Stefano Zangrando
Edizioni
Alphabeta/Raetia
304 pp, 2020
Primi anni novanta, val di Fleres, estremo nord
dell’Alto Adige. Un’esplosione nel cantiere di una galleria fa
emergere dai detriti di roccia il cadavere di un uomo in abito
elegante e con una misteriosa ventiquattrore. Chi diavolo è?
Com’è finito lì? Si tratta di un incidente o di un omicidio?
La vicenda, apparentemente inspiegabile, è forse legata a
quell’opera capitale che è il tunnel di base del Brennero, il
cui tracciato attraversa lo stesso territorio e che ancora
oggi, a distanza di trent’anni, non cessa di suscitare
discussioni e polemiche? Se lo chiede l’irrequieto camionista
Tschonnie Tschenett, simpatico sbruffone e bevitore
impenitente, rientrato da qualche tempo nella sua terra
d’origine e trovatosi per pura coincidenza sul luogo del
ritrovamento. A corto di incarichi di trasporto e con la
propensione a cacciarsi nei guai, Tschenett chiede supporto
all’amico poliziotto Totò per indagare privatamente sul caso,
imbattendosi in tipi loschi, contadini male in arnese, servizi
segreti, biechi speculatori collusi con la politica e
un’irresistibile geologa dai capelli rossi.
Una spy story venata
di comicità, un romanzo che alla compattezza del genere
poliziesco unisce le colorite sfumature idiomatiche di una
terra di confine e plurilingue, dove emergono, in tutta la
loro peculiarità, tratti psicologici e sociali divertenti e
inquietanti al tempo stesso.
***
«La prima volta che lo vidi era morto. La
seconda volta che lo vidi era ancora morto. E per me era
diventato alquanto pericoloso.»
Un incipit che
non lascia scampo nel nuovo romanzo poliziesco di Kurt
Lanthaler, scrittore di Bolzano, Il morto nella
roccia, con la traduzione di Stefano Zangrando. Il
libro sarà presentato domani alle 18 online sulle pagine
Facebook dell'editore e della libreria Ubik di Bolzano.
A dialogare con l'autore sarà Massimo Cirri, di Caterpillar
Radio Due. Interverranno anche ll traduttore
Stefano Zangrando e iu librai della Ubik di Bolzano.
(…)
Declinato in
prima persona, con ritmo serrato e linguaggio di lucida
sintesi, il racconto si apre sull'immagine di un
cadavere. L'ironia coglie di sorpresa il lettore dalle
prime battute.
(…)
Il romanzo fa
dunque emergere anche gli aspetti più complessi di
quel territorio di confine, inscindibili da quelli del
pluritinguismo, e ripropone l'annosa questione del
tunnel del Brennero, in un intreccio stratificato di
corruzione e servizi segreti.
(…)
Con la sua
irriverenza giocosa e il suo sarcasmo, il
camionista-detective riesce a mettere in scena un giallo
ricco di riferimenti linguistici, letterari, sociali,
storici, restituendo «il dietro le quinte di un Alto Adige
ruvido e diffidente.
Gabriella Brugnara, Corriere del Trentino
***
Der Tote im Fels è per l’appunto il primo romanzo
della saga, e ora lo troviamo disponibile in lingua
italiana nella bella traduzione di Stefano Zangrando (il
quale aveva lavorato un paio di anni fa anche al
precedente volume di Lanthaler, il liquido e onirico Il
delta, pure uscito per i tipi di alphabeta).(…) Il
libro, com’è giusto che sia, si legge in un fiato.
Tengono i dialoghi (bagnati di alcol e ironia), tengono
le giunture narrative, tiene il ritmo. Soprattutto,
tiene la restituzione dell’ambientazione, del contesto.
(…) La penna di Lanthaler è perfetta per descrivere
questi luoghi, glissando cinicamente sul cartolinabile
Sudtirolo delle aziende di soggiorno e consentendo, al
contrario, quel tanto di immedesimazione che il turista
meno frettoloso potrebbe ricavare da una vacanza non
scevra di opportunità conoscitive. (…) Così, anche se
magari a prima vista non sembrerebbe, la cornice
funziona benissimo anche per trattenere, oltre le
peripezie di un “giallo alpino”, un messaggio di portata
più universale. Ma questo (e non è affatto una
contraddizione) è possibile solo grazie a una lingua
impastata di umori locali, dunque in purissima sintesi
südtirolerisch-altoatesina, che alla fine scorge – tra
“vecchi nazisti e nuovi macinasoldi, piccoli agricoltori
sfigati che tentavano ricatti insensati, dubbi direttori
di filiali bancarie, entusiasti terroristi tirolesi,
picchiatori da poco e uno sbirro speciale
particolarmente aizzoso” – frammenti di inaspettato e
riuscito lirismo.
Gabriele Di Luca, anordestdiche
***
Un
romanzo poliziesco, ambientato tra le montagne e le valli
dell’Alto Adige: protagonista il sagace camionista Tschonnie
Tschenett, un ficcanaso perennemente in cerca di guai che non
resiste alle sue brame di investigatore privato. La narrazione
è irresistibilmente ironica e fa emergere i lati più
nascosti di un territorio e della sua pittoresca lingua, e
ripropone l’annosa questione del tunnel del Brennero, in un
intreccio perverso di corruzione e servizi segreti.
Un libro ricco non
solo di suspense (l’intricata storia è confezionata alla
perfezione) ma anche di grande vivacità, pieno di riferimenti
linguistici, letterari, sociali, storici che attraversano
tutta la narrazione e restituiscono il »dietro le quinte« di
un Alto Adige ruvido e diffidente.
A farla da padrone
l’irriverenza e il sarcasmo di Tschonnie Tschenett,
protagonista del romanzo (primo titolo di una saga che lo vede
al centro di diverse avventure): un camionista pigro e
bevitore impenitente, che si improvvisa investigatore privato
e si caccia nei guai. A lui – dissacrante e inguaribile
ficcanaso – è davvero impossibile non affezionarsi.
Alla base del
racconto, ambientato negli anni Novanta, Alla base del
racconto, ambientato negli anni Novanta, un’esplosione nel
cantiere di una galleria all’estremo nord dell’Alto Adige, che
fa emergere dalle macerie il cadavere di un uomo in abito
elegante e con una misteriosa ventiquattrore. Chi è? Com’è
finito lì? Ha forse a che fare con quell’ »opera capitale«,
tanto discussa e mai realizzata, che è il tunnel di base del
Brennero? È questo che si chiede Tschenett, facendosi
supportare dall’amico Totò, ingenuo poliziotto, che lo aiuta
a indagare privatamente sul caso. Nella storia Tschenett si
imbatte in tipi loschi, contadini falliti, biechi speculatori
collusi con i palazzi del potere; e in un’irresistibile
petrografa dai capelli rossi.
L’atmosfera in cui
si muovono i protagonisti è, da un lato, ammantata di un velo
torbido e corrotto, una zona grigia che restituisce una terra
piena di asperità, non solo orografiche; dall’altro
restituita con quell’affetto e quella familiarità di chi
conosce i segreti e le ricchezze di un territorio di confine,
capace di trasformare la diffidenza in bellezza.
Il linguaggio
complesso e articolato di Lanthaler, perfettamente reso (quasi
»ad incastro«) dal traduttore Stefano Zangrando, è quello di
una realtà unica e non riproducibile: un
»dialetto-non-dialetto«, la lingua dell’Alto Adige, che
mescola locuzioni e »colori« italiani e tedeschi, e che
affonda le sue radici, molto recenti, nel linguaggio parlato e
nella fusione di diverse identità: un lavoro complesso da
restituire su carta, che Lanthaler e Zangrando hanno
valorizzato al meglio grazie alla profonda conoscenza della
lingua e della quotidianità del territorio che fa da sfondo
al racconto.
(studiosandrinelli)